La gloriosa terra osca (l’attuale Sannio e Irpinia, ma anche il Molise, parte della Lucania e dell’Abruzzo) non offre solo colline verdeggianti e aria buona, ma anche (tante) storie da raccontare. Le antologie Oschi Loschi raccolgono il meglio della narrativa “osca” contemporanea, senza condizionamenti di genere o stile, il tutto condito da una predisposizione al “losco” nel senso più ampio e allettante del termine.

sabato 2 giugno 2012

Loredana Fiore (Presidio del Libro di Avellino) su Oschi Loschi


Riportiamo l'intervento con il quale Loredana Fiore del Presidio del Libro di Avellino ha impreziosito la presentazione di Oschi Loschi presso Oltrefrontiera. Ringraziamo Loredana di tutte le belle e sentite parole che ha speso per la nostra antologia.




Ho letto Oschi Loschi tutto d’un fiato. Ogni racconto è diverso dall’altro e, credo proprio che, la loro forza risieda nella poliedricità e nella pluralità di una scrittura veicolata dall’immaginazione. Un tipo di Immaginazione con la I maiuscola che connota racconti che incuriosiscono, trasmettono suspence, commuovono e, a volte, divertono il lettore. Ciò che appare subito chiaro è la maturità nello stile di scrittura degli autori, anche per chi è al suo esordio. La raccolta è piena di echi della grande letteratura: si pensi a Vergineo con “Binario morto”, dove Giovanni Verga è sicuramente il riferimento primo e dove la disillusione prende il posto della spensieratezza nella vita del gruppo di ragazzi/adolescenti, protagonista del racconto. In Vergineo, l’amore, la stessa amicizia e la stessa vita non sono altro che un “binario morto”. E questa verità diventa tanto più atroce per il fatto che si manifesta prematuramente nella vita di quei ragazzi. Altro riferimento, questa volta, molto più diretto, è quello a Virginia Woolf nel racconto della Porrino. Il suo scritto è calzante, a tratti geniale. Il contesto onirico fa da scenografia all’anima della sua scrittura; rappresenta l’amore, quasi fosse un inno ad una scrittrice che ha scelto di ammazzarsi in uno dei modi più crudeli che non è quello semplicemente di buttarsi giù in acqua per annegare, ma è quello di riempirsi le tasche di pietre per avere la certezza di non risalire più in superficie. Poi, c’è “Quello che rimase del cielo” di Umberto Di Lorenzo. Questo racconto, molto sinceramente, mi ha commossa: ogni parola, mentre la leggevo, mi è entrata dentro. Il racconto, in sé, è delicato, profondo; è uno di quei racconti che non può far altro che rimanerti dentro. Oltre agli echi letterari, in questa raccolta, ci sono, anche se marginalmente, echi territoriali. C’è una terra che è la terra abitata dagli autori che è presente. E lo è sin dal titolo che dà il nome alla raccolta. Gli Oschi in quanto popolo connotano un territorio; l’aggettivo loschi evoca l’impressione del “voler fuggire” ma, la ripetizione di –oschi nell’aggettivo, è come se rendesse quegli Oschi (gli autori) Oschi due volte. Piacevole è l’associazione, il connubio tra la musica e le sezioni dei racconti in cui è diviso il libro. L’espediente della musica non è certo estraneo alla letteratura contemporanea; si pensi ad Haruki Murakami in cui la musica è quasi onnipresente. Vorrei concludere, innanzitutto, ringraziando il Presidio del Libro di Avellino che, da un anno e più ormai, è catapultato nell’esperienza del gruppo di lettura, esperienza estremamente preziosa, fonte di scambio per idee e cultura. Ringrazio gli autori di Oschi Loschi e faccio loro i miei complimenti per il progetto coraggioso realizzato. Infine, ringrazio chi ha permesso l’incontro di questa sera.