La gloriosa terra osca (l’attuale Sannio e Irpinia, ma anche il Molise, parte della Lucania e dell’Abruzzo) non offre solo colline verdeggianti e aria buona, ma anche (tante) storie da raccontare. Le antologie Oschi Loschi raccolgono il meglio della narrativa “osca” contemporanea, senza condizionamenti di genere o stile, il tutto condito da una predisposizione al “losco” nel senso più ampio e allettante del termine.

venerdì 26 ottobre 2012

OL a San Lorenzello

Nella magnificenza del signorile e settecentesco palazzo Massone di San Lorenzello (BN), "Oschi Loschi" sarà ospitato dall'Ente Culturale "Nicola Vigliotti".
Dopo i saluti di Giovanni Di Santo, sindaco di San Lorenzello, e l'introduzione di Nicoletta Festa, assessore alla cultura, la nostra antologia sarà presentata da Luigi Botte e Tullio Ruggieri, coordinati dal presidente dell'Ente Alfonso Guarino.
Il collettivo Oschi Loschi invaderà la sala del Frantoio di palazzo Massone sabato 3 novembre alle ore 18
Noi ci saremo. Siateci anche voi!




venerdì 5 ottobre 2012

dove trovare Oschi Loschi

"Oschi Loschi. Racconti solidi come castelli di carte" (Never Mind, 2011) 
AVELLINO: libreria Petrozziello, via Fratelli Del Gaudio 15
BENEVENTO: libreria Luidig, palazzo Collenea, corso Garibaldi 95
BENEVENTO: libreria Masone, viale dei Rettori 73f
SAN GIORGIO DEL SANNIO: libreria The Dreamers, contr. Cesine 20
TELESE TERME: libreria Controvento, via Colombo 27
 
"Oschi Loschi. Quattordici schegge di narrativa sannita contemporanea" (Boopen, 2010) 
STORE ON-LINE DI PHOTOCITY EDIZIONI/BOOPEN

venerdì 21 settembre 2012

Gli oschiloschi invadono La Fenice a Telese Terme

Domenica 30 settembre, alle ore 18:00, il collettivo Oschi Loschi sarà ospitato dalla libreria LA FENICE [viale Minieri 150, Telese Terme (BN)] della nostra amica Rosa Caruso.

L'incontro, moderato dalla giornalista di SannioLife Maria Grazia Porceddu, comprenderà una losca lettura delle carte, scorci e interpretazioni di brani tratti da "Oschi Loschi. Racconti solidi come castelli di carte" e tanto altro ancora.
Venite a divertirvi con noi in maniera (l)osca! Non mancate! 



lunedì 10 settembre 2012

OL a Tramonti d'Arte, Pago Veiano (BN)


Domenica 23 settembre, alle ore 19:00, presso Piazzale L'Occhio a Pago Veiano (BN), in occasione della rassegna Tramonti D'Arte, si terrà la presentazione della nostra beneamata antologia oscalosca.

Introdurrà e modererà Aldo Caporaso, presidente del Forum Giovani di Pago Veiano. Interverranno Emanuela Miceli, vicepresidente dell’Associazione Verehia e Antonella De Ieso, vicepresidente del Forum Giovani di Pago Veiano. 
A seguire: aperitivo a km zero a cura della Pro loco di Pago Veiano, Chantico in "Il focolare addomesticato"- live performance pirotecnica, i "Pensiero acustico" live. 
La serata prevede altresì le esposizioni artistiche di diversi artisti (Angelo De Cicco, Davide De Palma, Franco Mazzeo, Anna Maria Mercuri).
Non mancate!



giovedì 9 agosto 2012

Oschi Loschi al CineFort Festival

Chi è amante del cinema, in particolare dei cortometraggi (ma non solo), può raggiungerci a San Giorgio La Molara (BN), nel suggestivo ex Convento dei Domenicani in Corso Umberto I, per la quarta edizione del CineFort Festival.
Nella serata d'apertura, venerdì 24 agosto, il collettivo Oschi Loschi avrà modo di presentarsi alla platea del festival con una snella lettura tratta dall'antologia, presidiando la manifestazione anche nei giorni 25 e 26 agosto.
Se fossi in voi non mi lascerei scappare l'occasione di visitare un bella realtà osca e respirare un po' di aria limpida. Ci vediamo là.



giovedì 12 luglio 2012

Vuoi essere un osco losco pure tu?


Sei un osco losco e pensi di avere la stoffa dello scrittore? Inviaci il tuo racconto all’indirizzo: oschi_loschi@yahoo.it

Verranno accettati racconti in formato RTF o DOC con lunghezza minima di 3 cartelle standard e massima di 15 (più o meno tra le 5400 e le 27000 battute spazi inclusi). Non siamo rigorosi al millimetro, ma non pisciate troppo fuori dal vaso. Scriveteci anche i vostri contatti.

COSA CI INTERESSA:
  • Legame col territorio. Delle radici osche bisogna averle. Punto. Va bene anche una nonna molisana o uno zio di San Demetrio ne’ Vestini. Se ambientate il racconto –tipo– a Benevento oppure sfruttate –tipo– una antica leggenda irpina va ancora meglio. Se non sapete cosa è la terra osca, mi sa che state perdendo tempo.
  • Storie. Per quanto sia interessante l’animo umano colmo di ragionamenti e congetture (altresì dette pippe mentali), a noi interessano esclusivamente storie, personaggi, intrecci. E se ci scappa un atto criminale è meglio.
  • Narrazioni forti. Aggiungeremmo losche se non fosse che il word processor ci segna l’aggettivo come ripetizione.  Irritanti, sfacciate, scomode, terrorizzanti, nere, violente, emozionanti, misteriose, ironiche, epiche. Qualcuno con la puzza sotto al naso potrebbe chiamarla “narrativa di genere” e a noi va benissimo, l’importante è che siano racconti “di genere bello”.

COSA NON CI INTERESSA:

  • Poesia. Per le composizioni in versi ci sono mille altri ambienti a cui potete proporvi (e non è il nostro).
  • Saggi. Vedi sopra.
  • Scritti per eletti. Noi non siamo eletti, dotti, luminari. Una cosa è possedere un obiettivo culturale da perseguire attraverso una storia, un’altra cosa è infarcire il tutto con troppa cultura accademica. Le “nozioni” devono essere funzionali al racconto, si diceva una volta. Magari voi volete scrivere un saggio e non lo sapete (vedi sopra).
  • Bozze. “Vi mando queste tre paginette e se vi piacciono continuo…”; “questo è il racconto ed è ancora in stato di bozza… se vi piace lo correggo”; “ho in mente una bella storia… che dite? La scrivo?”; “questo non è il miglior racconto che io abbia scritto ma posso fare di meglio”. La cosa che più ci fa incazzare è la gente che non ha tempo per la scrittura e vuol farci credere il contrario.
L’unica cosa che possiamo promettervi è che il vostro racconto verrà letto con attenzione almeno una volta.
Non aspettatevi risposte (se non siete ricontattati vuol dire che il vostro lavoro non ci interessa), quindi evitate di bersagliarci di mail.
Verrete sicuramente contattati se reputiamo il vostro racconto degno di essere pubblicato (a nostro insindacabile e incorruttibile giudizio). Tutto si svolgerà in maniera gratuita (non paghiamo e non vogliamo essere pagati). Non siamo mignotte e non ne cerchiamo. Appena si raggiunge il numero sufficiente, si potrebbe andare in stampa, quindi chi prima arriva…
Speriamo sia tutto chiaro. Anzi no, forse è meglio se resta qualche ombra. Fa più losco.

giovedì 28 giugno 2012

NARRAZIONI E NARRATORI DALLA TERRA DEL PREMIO STREGA


Giovedì 5 Luglio 2012, alle ore 20, presso “Il Vinocolo”, Vico G. Vetrone 2, Foglianise (BN), si terrà l'incontro NARRAZIONI E NARRATORI DALLA TERRA DEL PREMIO STREGA.

Interverranno: Maria Pia Selvaggio, Rita Pacilio, Maria Grazia Porceddu, Giustino Pennino, Adriana Pedicini e il collettivo Oschi Loschi, salutati dalle Istituzioni locali.
Modererà Maria Elena Napodano.


Narratori sanniti che si ritrovano ad uno speciale appuntamento al Vinocolo di Foglianise: sul tavolo alcuni degli annosi dubbi che attanagliano uno scrittore proveniente dalla terra che ha dato i natali a quello che è forse il più importante premio di narrativa del nostro Paese.
In un territorio provinciale che provocatoriamente indicheremo come, nel suo complesso, meno popoloso del solo quartiere Vomero di Napoli, quanto è più palpabile il calo delle vendite dei libri, considerato che ogni anno in Italia se ne pubblicano circa 60.000 mentre, secondo l’ISTAT, un italiano su due non ne legge neanche uno?
La spasmodica ricerca, da parte delle case editrici, di prodotti librari in grado di trainare le vendite, spesso a scapito dei contenuti, ha dato la stura all’esplosione dei fenomeni dell’auto-pubblicazione e del vanity press, i quali, spesso e volentieri, fomentano velleità di sedicenti scrittori senza contribuire ad un ritorno alla qualità. Eppure (Sugarpulp nel Triveneto insegna) talvolta l’editoria indipendente può rappresentare quella risposta convincente alle genuine necessità narrative locali e per quei lettori interessati a nuove forme di espressione letteraria, radicate in un territorio ma non per questo in esso imbrigliate, sia come tradizione narrativa che per la formula linguistica adottata. Un tema, quest’ultimo, molto interessante anche dal punto di vista delle modifiche esercitate dalle nuove forme di scrittura sul linguaggio.
Altra grande sfida è l’opportunità costituita dall’imminente proliferare dell’editoria digitale (anche sotto forma di self-publishing), che secondo John B. Thompson, professore di sociologia all’università di Cambridge continuerà a crescere, offrendo magari innumerevoli possibilità di emergere, a quelle valide penne finora ignorate dai grandi circuiti dell’editoria perché “relegate” in bacini territoriali di scarso interesse numerico, e in questo senso il Sannio, dove pure è nato il Premio Strega, costituisce un caso emblematico.
In un momento storico in cui la grande distribuzione sarà perciò costretta a riorganizzarsi, un valore aggiunto sempre più peculiare sarà costituito dalla cosiddetta “bibliodiversità”, ossia l’indispensabile diversificazione della produzione editoriale messa a disposizione del lettore. Chissà che questo, insieme all’avvento degli e-book, non comporterà anche un riequilibrio nella (finora) impari competizione tra piccoli e grandi editori.

sabato 23 giugno 2012

Adriana Pedicini su Oschi Loschi


Adriana Pedicini, già docente di lettere classiche del Liceo Classico "P. Giannone" di Benevento, ha pubblicato la raccolta di racconti "I luoghi della memoria" (Arduino Sacco Editore, 2011); suoi racconti e poesie sono presenti in diverse antologie. Scrive per blog e magazine on-line: Sul Romanzo, RomaCapitaleMagazine, Lib(e)roLibro, Arteinsieme.
A voi le sue impressioni dopo la lettura del nostro losco libercolo.


Antitesi e ossimori sono già nel titolo della raccolta di racconti del volume di autori vari Oschi Loschi, dal sottotitolo Racconti solidi come castelli di carta.
Ancora, la suddivisione in carte di semi diversi vorrebbe tracciare dei confini in cui relegare i racconti cinque per volta.
Ma capita che talvolta qualcuno di essi esca fuori dalla norma, dallo status in cui è stato relegato.
Non si sa allora se ci si trovi più di fronte a un dipinto di Botero o di fronte a un quadro di Modigliani con i suoi colli esageratamente allungati.
Il dato certo è che qualunque sia la tipologia della comunicazione narrativa ci troviamo (non sempre) di fronte a una sorta di frattura degli schemi consueti, dei linguaggi sentiti come obsoleti, delle strutture narrative ormai sorpassate, di regole linguistiche asfissianti. Proprio questo rappresenta, parlando in generale, il pregio dell’opera: originalità e voglia di sperimentare.
Intendiamoci: non ci troviamo di fronte a racconti “alieni”, ma di fronte a racconti altri, diversi dalle storie melliflue tanto amate dagli adolescenti di sempre, con situazioni scontate e rassicuranti, con tratti narrativi prevedibili. Qui nulla può essere previsto, o almeno non sempre, salvo poi a verificare (compito del lettore) che forse il contesto è diverso, il colore del tratto anche, ma la storia dell’uomo, la vicenda della vita, c’è tutta dentro, come prima, come sempre. Seppure attraverso il metodo complesso dello straniamento.
 
COPPE

PARCE SEPULTO

Davvero accattivante fin dalle prime battute il racconto Parce sepulto. Farebbe pensare a una spystory, a un episodio della malavita e invece, all’improvviso, un incontro fortuito in ascensore fa decollare la narrazione su un ben diverso piano, e, utilizzando la tecnica del flashback, recupera alla coscienza del suo interlocutore -proiezione vivente di un trapassato- la vita precedente conclusasi in modo tragico, lasciando dietro di sé un retaggio di extrasensorialità, come sempre la fantasia popolare crede nei casi di morte violenta. Ma basterà un rito, una sorta di purificazione e l’anima del defunto tornerà nella quiete, e lascerà tranquillamente funzionare il mezzo meccanico in cui è avvenuto il confronto rivelatore, decisivo della buona continuazione della vita. La vita che per l’ingegno di uno solo ha ripreso la sua corsa consueta, mentre gli altri protagonisti vengono trascinati nella routine alienante delle futili occupazioni. A proprio conforto il protagonista si tirerà su con una semplice bevuta di birra. Che sia una metafora? Che si voglia dare a intendere che la vita per essere degnamente vissuta ha bisogno di poche semplici cose? Se sì, l’espediente della vicenda, serio seppur grottescamente rappresentato, ci viene porto con un andamento spigliato, vivace e a tratti “irrobustito” da espressioni colorite.

L’ULTIMA MILONGA

Il racconto di Fabozzi conquista subito non tanto per la profondità della vicenda ma per lo stile semplice, dato che la semplicità è dote rara, quando non sia espressione di banalità. Le vicissitudini emotivamente coinvolgenti accompagnano il protagonista che passa dalla delusione al senso di colpa al terrore infine ad un’inattesa serenità che con un filo sottile d’ironia spinge l’uomo in quell’estremo frangente a desiderare di nuovo, daccapo, di poter praticare la sua danza preferita. Ma con qualche granello di sale in più. Non si sa mai.

TRIONFO DI SPECCHIA

Pur nella sua brevità risulta interessante l’espediente narrativo di A. P. Lombardo. Gioco delle parti che riporta al noto romanzo di O. Wilde, pur nelle variazioni tematiche e di struttura narrativa.
Il personaggio e la sua coscienza-specchio. Il dissidio tra l’essere e l’apparire, tra la percezione di sé e l’impressione che ne ricevono gli altri. Ma anche tra l’amore nella sua essenza e ciò che si crede sia l’amore: in realtà non è dato di saperlo…troppo vago, troppo sfuggente, troppo cangiante.
Infastidisce solo qualche periodo sospeso, qualche “licenza grammaticale” 

ORE 15

Un pretesto banale, quasi senza significato, in un impianto strutturale semplice, introduce in una situazione davvero simpatica, in modo a dir poco imbarazzante. In un racconto breve ma fluido, costruito in poche battute, pochi tratti, si nasconde il rischio di chi con tutte le forze della fantasia si sbarazza dello status quo per darsi a nuove avventure. Ma si sa, i diavoli fanno le pentole e non i coperchi.

DUE BOTTONI

Descrizione crepuscolare, bella anche se riprende i toni un po’ disfatti delle vite quando l’abulia la fa da padrona, quando l’entusiasmo e la positività sono come i brandelli di una camicetta mortificata da fiori scuri, specchio del disfacimento di un corpo e di una volontà. Forse di una vita appena raccattata in un fetido locale con una compagnia anch’essa poco allettante. Disfacimento anche della prosa che passa da un periodare fluido in prima o terza persona ad un “attacco” diretto all’ignaro interlocutore. Ma si sa, quando si è liberi dagli obblighi che sanno di antica imposizione scolastica, il ritmo della penna segue le evoluzioni delle più profonde suggestioni. Bene, ancora una volta, se il pensiero è chiaro. E qui niente passa inosservato: i più piccoli gesti, le più piccole miserevoli espressioni sono catturate dallo sguardo impietoso dell’io narrante, così come la descrizione degli ambienti e degli oggetti. Un acquerello un po’ comico, un po’ triste, ma con la vita dentro.

SPADE

CAMERA OSCURA

Molto bello questo insieme di scatti, pennellate docili e dolci, non senza striature di veleno. Colpisce la capacità pittorica delle descrizioni che si sviluppano in dettagli innanzitutto fisici, materiali, ma finanche in quelli immateriali sottesi alle parole, sottolineati dal contatto diretto con l’interlocutore immaginario, fino all’ultimo “scatto” in cui, senza parole, paradossalmente e tragicamente si chiude un dialogo tante volte fallito.

GRETA STRIZZA GLI OCCHI

Assolutamente interessante il racconto “Greta strizza gli occhi” per i numerosi risvolti che presenta: sdoppiamento di personalità, tentativo di vivere una vita parallela, lotta tra il bene e il male, tra la razionalità e l’irrazionalità, che hanno il loro riflesso nell’analogo sdoppiamento linguistico, sempre in bilico tra gergo e la lingua ufficiale. La deuteragonista, che è poi la protagonista nell’azione, una sorta di Alice alla rovescia, mette a segno delle “punizioni” per un estremo quanto fondamentale bisogno di affermazione di sé, di liberazione, attraverso azioni da incubo, degli incubi che ne divorano la psiche. E lo fa con l’arroganza di chi, sentendosi debole, cerca di strafare nei gesti come nel linguaggio, immediato e colorito, capace di esplodere intersecando il discorso diretto con quello indiretto in un affanno della prosa rivelatore dell’affanno psicologico della protagonista.
Le domande conclusive, artificiose o spia delle angosce dell’io narrante, sono un grido d’allarme, ancorché inventato, da placare con la rassicurazione che il racconto suscita tanta comprensione, tanta voglia di fugare i fantasmi della psiche, ma il sorriso sarcastico, sicuramente no, il racconto non lo suscita.

NERO LATTE

Lascia senza parole il racconto Nero latte, con uno stupore strano, in quanto dà la sensazione di un “conto” che si è voluto chiudere troppo in fretta. Peccato! All’inizio lasciava presagire cose interessanti, ma la curiosità è andata delusa. Troppa ovvietà a partire dalla metà del racconto, scene abusate e conclusione senza attrattiva, sebbene una morte faccia sempre pensare. Dobbiamo fare uno sforzo per entrare nell’animo del protagonista maschile e coglierne interni dissidi che si ricompongono, mentre sta per lasciare la vita, in un nome, quello della moglie lasciata a casa. Sarebbe troppo umiliante per lui pensare che non ricordi il nome di colei con cui ha bruciato l’ultima passione.

BINARIO MORTO

Conclusione dolente per un racconto bello, ben strutturato, modulato attraverso una gamma vasta di toni, da quelli scanzonati e tuttavia pacati dell’adolescenza ancora infanzia a quelli via via più intensi e striati di varie tinte dell’adolescenza matura, pronta a varcare la soglia della giovinezza. La prosa lodevolmente corretta, precisa e scorrevole risente ad un certo punto dell’intensificarsi delle emozioni, il che si evidenzia attraverso frasi sintatticamente non “allineate” che sbottano come grida o esplosioni di emozioni per aggrumarsi poi nei vocaboli del gergo colloquiale. Evidente anche il substrato culturale che rimanda a Verga, a Pasolini e ancora più indietro al celebre frammento di Saffo. Aleggia su tutto la capacità di empatia, più di una volta espressa con note di commiserazione e di pietà nei confronti dei Carusi. Così come è evidente la lotta tra il senso del dovere, malamente inteso in età giovanile, e il senso di responsabilità altrettanto malamente inteso il più delle volte a quell’età.
Si ha la sensazione che i protagonisti, pur senza volerlo, abbiano fatto una scelta di vita: quella di affidare alla strada/miniera l’iniziazione alla maturità. Ma come spesso succede, i conti non tornano: ed è sempre la vita ad insegnarlo, ad insegnare che spesso i sogni come i valori finiscono irrevocabilmente in un binario morto.

UN AMORE CHE BRUCIA

Alienazione, premonizione, predestinazione sembrano gli assi attorno a cui ruota la vicenda di “Amore che brucia”. La struttura tuttavia è labile, vacilla sotto il peso di una vicenda poco sviluppata e priva di intensità. Una storia di superficiale alienazione e basta. Non c’è azione, non c’è pathos. Forse orrido squallore. Il giudizio sul racconto non è giudizio sullo scrittore, ovviamente. Questione solo di gusti.
 
DENARI.

QUELLO CHE RIMASE DEL CIELO.

Tre singhiozzi, anzi un lamento e due singhiozzi spezzano il racconto di U. De Lorenzo.
L’ipocondria del vivere il proprio segmento di vita prima di incontrare chi la vita gliela spiegherà nel senso di dispiegargli la propria psiche, fa notare gli anfratti dove si nasconde l’io con le sue inclinazioni e le sue potenzialità. La conclusione circolare quasi è posta a suggellare il ritorno alla dimensione solitaria, dove la solitudine è condivisa dall’unica traccia “lasciata al mondo”: la figlia Laura.
Racconto immediato, spontaneo, essenziale nel tracciare il binario di una vita che si conclude in un tratto solitario ma almeno non privo di speranza.
 
DA CONSUMARSI PREFERIBILMENTE ENTRO L’ATTIMO APPENA TRASCORSO

La commozione che pervade il primo racconto manca nel secondo della sezione Denari.
Forse per scelta si vuole evidenziare la protervia della protagonista che tra desideri e rimpianti stenta a capire le ragioni e a indagare i motivi del suo stato. Occorre correre, lottare, affrontare il destino per non smarrire il senso del tempo che vive nel fluire di un attimo, il presente. Ho l’impressione che la protagonista si perda inutilmente nell’immobile silenzio del grigio senza brillare di una qualche luce propria.
 
VIRGINIA E LA SUA STANZA

Nel racconto “Virginia e la sua stanza” un andirivieni onirico, surreale consente all’io narrante di reificare la venerazione in oggetto e nello stesso tempo di divenire oggetto venerato insieme al suo “mito”. Forse è il desiderio di vivere attraverso di esso, come spesso succede nella vita quando i genitori cercano di colmare attraverso i figli i propri vuoti, e i figli di restare sempre adolescenti all’ombra di quelli, da cui occorre distaccarsi definitivamente in un doloroso ma necessario salto di qualità pena la rinuncia a conquistare la propria autonomia.

TRACCE DI IMPRONTE GRANITICHE

Nel racconto di Paola Corona la protagonista vive una situazione piuttosto debole dal punto di vista dell’invenzione, che parte da un evento visibilmente pretestuoso per poi abbandonarsi, in una prosa tuttavia lineare, alla descrizione di romantiche fantasticherie appena illuminata alla fine da un promettente guizzo di luce.

MA QUALE FALCE MA QUALE MARTELLO, PALETTA SECCHIELLO IL SIMBOLO PIU’ BELLO

Più divertente senz’altro il racconto di Ciasullo, benché senza pretese, che contestualizza in un dialogo-confronto padre-figlia, apparentemente banale, il simpatico e spesso privilegiato rapporto paterno con la prole femminile, il fare dolcemente tirannico di quest’ultima, il bagaglio di conoscenze trasmesse dal genitore fino a quando la corazza paterna cede miseramente di fronte agli interrogativi insistenti della bimba, a cui è difficile rispondere se se non si superino certi tabù e non ci si apra al dialogo anche su questioni tanto naturali quanto delicate. Sì, ma l’espressione gergale richiede molta più perizia dialettica; pertanto il papà dribbla brillantemente dirigendo la curiosità infantile verso più accattivanti e astrusi argomenti.
  
BASTONI

IL CIRCOLO DELLE QUINTE

Racconto zeppo di dottrina musicale dove spicca in una prosa fluida, nonostante l’accavallarsi di dati, la grande competenza dello scrittore e il grande amore per il mondo della musica, di quella sussurrata, gridata, e “martellata” dai migliori protagonisti. Forse a farne le spese è proprio il protagonista, Dylan, che risulta completamente schiacciato dalla ridondanza dei dettagli afferenti agli artisti citati. Pretestuosa la vicenda/occasione della narrazione, poco convincente. È fin troppo evidente l’esigenza dell’Autore di comunicare la sua preparazione in fatto di artisti della musica. Piuttosto è questa a farla da protagonista. Tuttavia il racconto risulta una miniera di informazioni e suggestioni per gli appassionati.

VER SACRUM

Senso di impotenza, sommesso sdegno per uno stato di cose che stenta a cessare e trova nella pessima tradizione, “traduzione” in suffragi elettorali dell’incolpevole ignoranza della gente che non sa o non può ribellarsi perché, in fondo, come si fa a ribellarsi a quello che si avverte come immutabile destino ancestrale, di verghiana memoria? La supina accettazione, supina ma non emotivamente piatta (il passaggio repentino da un tempo verbale all’altro lo testimonia) alla fine diventa la chiave di svolta che apre le porte ad un diverso percorso esistenziale; diverso poi?,  Chissà! La fortuna non tiene conto del merito e delle lauree!

SI È AMMAZZATO UNO

Stile disadorno, intermittente o meglio poco ordinato dove i pensieri si affastellano con pause artificiose, che non danno respiro, bensì finiscono col sovrapporre la riflessione all’azione: davvero in una sorta di autocritica, l’autore, l’io narrante, sostiene “scrivere è questa battaglia senza tregua, stanca, delusa, indesiderata…” Lo denota un senso di trasandatezza evidenziato dall’uso scarsissimo della punteggiatura, scelta stilistica peraltro accettabile, quando i pensieri almeno sono scanditi bene. Probabilmente ciò è voluto per conferire maggior senso di smarrimento al lettore. L’idea della morte volontaria è il leitmotiv di piani che s’intersecano ora scorrendo paralleli ora intrecciandosi fino a conseguire il buio della non comunicazione. Eppure isolato c’è qualche sprazzo di poesia. Strenuo il tentativo di dar senso, anche solo attraverso i ricordi, al nonsense della vita.

2958 KM (ESTATE 2004)

Alquanto ripetitivo, sempre lo stesso ritmo, monotòno, il racconto non appare incuriosire il lettore più di tanto. Solo alla fine l’allusione al duro lavoro del padre e la cicatrice che come lui si è procurata al lavoro, segno che la figura paterna è presente in lui come esempio da emulare,  imprime un guizzo e apre uno squarcio piacevole nei sentimenti finora dominati dalla tinta grigia della routine.

MAGGIO FIORENTINO

Entro una cornice emotivamente interessante  e le suggestioni originate da tristi ricordi della Storia si adagiano le storie minute, realistiche di chi quella maledizione l’ha evitata, ignaro di quel che sarebbe successo.
Scorre la vita di costoro in ossequio alle abitudini o ai bisogni quotidiani, sfuggendo miracolosamente all’estremo destino che beffardamente chiedeva il saldo ad altre ignare creature. Storie semplici, raccontate con apparente distacco, con il senso ovvio della quotidianità. Un mosaico di tessere per un attimo illuminate dalla luce sinistra del “fuoco nemico”.



domenica 10 giugno 2012

Parole e immagini da Oltrefrontiera

Questa sintesi video della presentazione di Oschi Loschi ad Avellino (presso Oltrefrontiera) rende l'atmosfera dotta e ironica che si è venuta a creare la sera del 1 giugno (con le letture dell'Associazione Culturale Iride, i contributi di Generoso Picone e di tutti gli intervenuti).
Un grazie immenso a Carlo Crescitelli per l'ideazione e l'assembleggio delle immagini.

sabato 2 giugno 2012

Loredana Fiore (Presidio del Libro di Avellino) su Oschi Loschi


Riportiamo l'intervento con il quale Loredana Fiore del Presidio del Libro di Avellino ha impreziosito la presentazione di Oschi Loschi presso Oltrefrontiera. Ringraziamo Loredana di tutte le belle e sentite parole che ha speso per la nostra antologia.




Ho letto Oschi Loschi tutto d’un fiato. Ogni racconto è diverso dall’altro e, credo proprio che, la loro forza risieda nella poliedricità e nella pluralità di una scrittura veicolata dall’immaginazione. Un tipo di Immaginazione con la I maiuscola che connota racconti che incuriosiscono, trasmettono suspence, commuovono e, a volte, divertono il lettore. Ciò che appare subito chiaro è la maturità nello stile di scrittura degli autori, anche per chi è al suo esordio. La raccolta è piena di echi della grande letteratura: si pensi a Vergineo con “Binario morto”, dove Giovanni Verga è sicuramente il riferimento primo e dove la disillusione prende il posto della spensieratezza nella vita del gruppo di ragazzi/adolescenti, protagonista del racconto. In Vergineo, l’amore, la stessa amicizia e la stessa vita non sono altro che un “binario morto”. E questa verità diventa tanto più atroce per il fatto che si manifesta prematuramente nella vita di quei ragazzi. Altro riferimento, questa volta, molto più diretto, è quello a Virginia Woolf nel racconto della Porrino. Il suo scritto è calzante, a tratti geniale. Il contesto onirico fa da scenografia all’anima della sua scrittura; rappresenta l’amore, quasi fosse un inno ad una scrittrice che ha scelto di ammazzarsi in uno dei modi più crudeli che non è quello semplicemente di buttarsi giù in acqua per annegare, ma è quello di riempirsi le tasche di pietre per avere la certezza di non risalire più in superficie. Poi, c’è “Quello che rimase del cielo” di Umberto Di Lorenzo. Questo racconto, molto sinceramente, mi ha commossa: ogni parola, mentre la leggevo, mi è entrata dentro. Il racconto, in sé, è delicato, profondo; è uno di quei racconti che non può far altro che rimanerti dentro. Oltre agli echi letterari, in questa raccolta, ci sono, anche se marginalmente, echi territoriali. C’è una terra che è la terra abitata dagli autori che è presente. E lo è sin dal titolo che dà il nome alla raccolta. Gli Oschi in quanto popolo connotano un territorio; l’aggettivo loschi evoca l’impressione del “voler fuggire” ma, la ripetizione di –oschi nell’aggettivo, è come se rendesse quegli Oschi (gli autori) Oschi due volte. Piacevole è l’associazione, il connubio tra la musica e le sezioni dei racconti in cui è diviso il libro. L’espediente della musica non è certo estraneo alla letteratura contemporanea; si pensi ad Haruki Murakami in cui la musica è quasi onnipresente. Vorrei concludere, innanzitutto, ringraziando il Presidio del Libro di Avellino che, da un anno e più ormai, è catapultato nell’esperienza del gruppo di lettura, esperienza estremamente preziosa, fonte di scambio per idee e cultura. Ringrazio gli autori di Oschi Loschi e faccio loro i miei complimenti per il progetto coraggioso realizzato. Infine, ringrazio chi ha permesso l’incontro di questa sera.

Oschi Loschi su Il Mattino del 31 maggio


venerdì 25 maggio 2012

Intervento della dott.ssa Angela Maria Pelosi su Oschi Loschi


Riportiamo l’approfondita analisi di Oschi Loschi realizzata dalla dottoressa Angela Maria Pelosi, dirigente scolastica dell'IC Mazzarella di Cerreto Sannita, in occasione della presentazione presso la Biblioteca del Sannio (lo scorso 28 aprile). Un grande ringraziamento alla dottoressa, la cui arte oratoria ha coinvolto e appassionato gli autori presenti e gli intervenuti all’incontro, resa solo in parte dal testo scritto.


Questa sera parleremo di un libro di racconti, edito dalla  Never Mind di Maria Elena Napodano dal titolo: “Oschi Loschi. Racconti solidi come castelli di carte”.

Come vedete c’è già molto da dire sul nome degli autori e sul titolo. Allora diciamo subito che gli autori hanno scelto di chiamarsi come le antiche genti che abitavano il  territorio del Sannio, dell’Irpinia, del Molise e parte della Lucania e dell’Abruzzo, gli oschi appunto. Hanno accompagnato il sostantivo con un aggettivo particolare, forse, come loro affermano, per esigenze di rima oppure per alludere al loro modo simpatico di dichiarare la propria vocazione al clandestino, al sotterraneo, al torbido, all’underground, ovviamente in senso letterario.
È una raccolta di 20 racconti brevi, scritti da 20 autori diversi, giovani, tutti del territorio sannita, e che pertanto offrono uno spaccato di esistenza giovanile della nostra terra e anche, in particolare della nostra città capoluogo, Benevento. I temi dei racconti sono differenti, come anche i loro stili appunto perché l’opera nasce come una tela tessuta in modo assolutamente libero da ciascuno e da tutti.
L’unico file rouge che in qualche modo percorre le storie sono i semi delle carte da gioco napoletane che  le ordinano e le raggruppano. Coppe: l’ebbro destino e le sue ombre inquiete; Spade: colpi al cuore per placare la sete di vendetta; Denari: valori che non si custodiscono in cassaforte; Bastoni: castighi divini per chi non se li cerca.

Si parte dai racconti delle coppe ricolme di destino e di atmosfere metropolitane, in cui si muovono figure solitarie collocate fra il reale e il metafisico, come il personaggio di Dio, nel racconto di Flavio Ignelzi, per passare attraverso un tango milonga ad affrontare l’ebbrezza dello sconcerto di Filippo, nel racconto di Emilio Fabozzi, il quale crede nel colpo di fulmine e strafatto di Jack Daniels, va in giro  con una magliettina bianca a mezze maniche con su dipinta la faccia  stilizzata di Woody Allen e una scritta sul petto che recita “credi nel colpo di fulmine o devo passare di nuovo?”. Poi è la volta del trionfo di Specchia di Alessandro Paolo Lombardo. Qui il gioco speculare si fa intrigante. Specchia è il riflesso di Antea o Antea il riflesso di Specchia? A volte la realtà speculare è utile per esaltarci, sebbene possa sfuggirci di mano e diventare una rivale perfida. Tuttavia utile, se può sostituirci nel dolore. Isabella Pedicini ci riporta in città, in un pomeriggio qualunque, alle ore 15, quando il ritrovamento di un oggetto, avvenuto per caso, mette in moto avvenimenti  inquietanti e stimola presenze inconsuete. In un tempo che scorre troppo velocemente. La sezione Coppe si chiude con il racconto di Daniele Viola, “Due bottoni”, un bozzetto malinconico intriso di pensieri, odore di terra, freddo e solitudini.

Anna Lisa De Mercurio con “Camera Oscura”, apre la sezione Spade. È una storia costruita per scatti, per fotografie, immagini che si fanno via via sempre più taglienti. E la storia prende un corso imprevedibile. L’ultimo scatto è il più amaro. “Greta strizza gli occhi” è il racconto di Maria Elena Napodano, che trascina il lettore in una atmosfera al limite tra il sogno e l’assurdo, inchiodandolo alla lettura, sotto la minaccia delle punizioni di Greta, una bimba killer che potrebbe strizzare gli occhi da un momento all’altro. “Nero Latte” di Stella Iasiello ci riporta nella città stregata di Benevento, dove aleggia la magia, e dove un oscuro destino può anche assumere il significato di una magica felina vendetta. Le spade continuano a ferire la sensibilità del lettore con il racconto di Giovanni Vergineo “Binario morto”, nel quale si mescolano ricordi adolescenziali, rimorsi, paure. La storia che per certi versi richiama suggestioni verghiane, sembra possedere la forza catartica di una confessione. L’amore, l’amicizia, la vita stessa non sono altro che un binario morto. Marcello Serino, in “Un amore che brucia” giocando sul doppio senso dell’amore come sentimento che brucia l’anima, ci racconta del portiere di calcio Gigio Cerqueti, protagonista del racconto, che invece ha il desiderio profondo di bruciare il suo amore nel senso letterale del termine. Infatti, egli non cessa mai, giorno dopo giorno, di pensare al momento in cui darà alle fiamme la sua fidanzata, per il solo desiderio di sentire il dolce profumo dell’amore che brucia. L’epilogo del racconto è davvero di fuoco!

La sezione Denari è introdotta da Umberto Di Lorenzo con il racconto “Quello che rimase del cielo”, una delicata e toccante storia di una famigliola messa di fronte ad una prova esistenziale troppo grande e dolorosa. Il cielo a volte si nega nella sua immensità e regala agli uomini solo una piccola parte di sé.
La sezione procede con “Da consumarsi preferibilmente entro l’attimo appena trascorso” di Federica D’Avanzo, un breve racconto molto denso, a struttura circolare. Al centro la protagonista  concentrata su una nostalgia. Tutt’intorno spazi chiusi e un gran desiderio di  ritrovare la forza di guardare dritto davanti a sé.
Annamaria Porrino ci trasporta nel mondo di Virginia Woolf. Attraverso una narrazione onirica, l’autrice fa rivivere la scrittrice britannica e ne tratteggia gli aspetti salienti della sua personalità, fino al giorno fatale del suo suicidio nelle acque del fiume Ouse. Il titolo del racconto allude all’opera saggistica della Woolf, “Una stanza tutta per sé”.
“Tracce di impronte granitiche” è il racconto di Paola Corona in cui sogno e realtà si confondono. E sul limitare delle due dimensioni c’è la musica che fa da demiurgo e prepara per la protagonista Noemi, una nuova realtà, che ha come preludio la luce di due occhi neri.
Il racconto dal titolo “Ma quale falce ma quale martello, paletta secchiello il simbolo più bello” di Filippo Ciasullo chiude la sezione denari. L’impianto del racconto è scenico. La storia evolve su un dialogo molto fitto tra un papà e la figlioletta. Il luogo della storia è la villa comunale di Benevento. Tutto sembra pulito, innocente. Ma improvvisamente emerge il losco dove meno il lettore se lo aspetta. Come risolvere? Basta raccontare… magari cominciando dal principio, da Giove, per esempio!

Apre la sezione Bastoni “Il circolo delle Quinte” di Donato Zoppo, nel quale il protagonista Dylan Zarrella trascina il lettore in un  lunghissimo vortice disperatamente simpatico di bastonate musicali e giornalistiche tra sorrisi e riflessioni amare.
In “Ver sacrum” di Giuseppe Di Gioia, l’autore prende spunto dal ver sacrum, una manifestazione divinatoria delle antiche popolazioni italiche, che costringeva alcuni giovani prescelti alla migrazione forzata, per affrontare il triste tema della mancanza di lavoro nella nostra terra. Marco le prova tutte, poi partirà come una vittima sacrificale, senza voltarsi indietro.
Luigi Furno è l’autore di “Si è ammazzato uno” un racconto un po’ visionario e un po’ inquietante sul senso dell’esistenza. A tratti emergono segmenti di lucidità che guidano e fanno avanzare la trama,  ma sono solo parentesi, in mezzo a un mare di immagini e pensieri  che sembra uno scroscio impetuoso di un flusso di coscienza inarrestabile. E alla fine il lettore non potrà fare a meno di chiedersi: ma vivere non è forse pericoloso?
Con “2958 km (estate 2004)” di Massimo Varchione, ci troviamo di fronte ad un racconto on the road, in viaggio attraverso le città del sud  su un camion per un tour tra spettacoli e palchi da montare e smontare, in compagnia di una umanità di passaggio, conosciuta e subito lasciata, nella quale cercare il senso delle proprie radici, mai sentite così violentemente necessarie, quanto più ci si allontana da esse.
Chiude la sezione bastoni e la raccolta il racconto “Maggio fiorentino” di Ernesto Razzano, che ci riporta a Firenze nella primavera del 1993, presso l’accademia dei Georgofili, dove nella notte fra il 26 e 27 maggio l’intero nostro Paese prese una delle bastonate più dolorose della nostra storia.  Razzano, con delle pennellate precise ci racconta lo scorrere naturale della vita intorno a quello che sarà l’epicentro del dolore. Un modo molto riuscito per far riflettere il lettore. Un grido perché la giustizia non lasci impunito chi ha sfregiato Firenze e tutti noi per sempre.

Ho letto questo libro tutto d’un fiato, affascinata dal ritmo della narrazione, dalla diversità dei personaggi e delle situazioni descritte, dagli stili essenziali e lineari. Anche la lingua è efficace, contemporanea, ricercata quanto basta. Già il titolo risulta immediatamente accattivante e intrigante poiché evoca immediatamente un ossimoro: racconti solidi come castelli di carte. I castelli di carte non sono affatto solidi, vivono in bilico perennemente, pronti a crollare al primo soffio o alla prima instabilità. I racconti, invece, ben 20, che compongono l’opera sono, al contrario, solidissimi. Per di più, aggiungerei, ritenendo di essere nel giusto, che essi presentano una compiutezza e una maturità rispondenti a uno dei canoni letterari  notoriamente più accreditati dalla critica:e cioè che la narrativa deve avere come suo vero fine la scoperta e la registrazione del mondo dell’uomo. Il libro degli Oschi loschi, ripropone il mondo attraverso il gioco misterioso dell’immaginazione, e questo mondo ci accoglie con un meccanismo complesso di specularità e di rimandi spaziali e temporali.
Il  libro nasce nella terra osca, vissuta dagli autori come una condizione psicologica e sociale, prima che geografica, con le sue contraddizioni, le sue durezze, con la sua umanità variegata, nella quale gli autori affondano la loro indagine alla ricerca della verità delle passioni totali, di una condizione autentica di vita.
È una terra che si narra, ma che nello stesso tempo è attraversata da schegge di universalità.  Le storie osche, pensate da autori oschi, alla fine superano i confini della terra osca e si ritrovano a parlare dell’universo mondo all’universo mondo. E ciò accade magicamente grazie esattamente alla narrazione, perché solo la narrazione ha il potere di attraversare un mondo e di connetterlo all’universalità del sentire umano. Venti giovani oschi, una pluralità di voci, decidono di partire da un punto fermo, per narrare. Dalla propria terra. Da se stessi, dalla propria realtà, dai propri sogni, poi scoprono, noi scopriamo, che in realtà essi con la molteplicità delle loro storie stanno parlando  non solo dalla propria terra, ma alla propria terra, restituendole un altrove universale, fatto di sentimenti, paure, ironie, dolori, assoluti ed eterni. Ecco la magia, la potenza del racconto. Le storie, nella loro varietà, frantumano la fissità dell’unità del tempo e del luogo, e costruiscono incredibili vie di connessione  tra il particolare e l’universale.
Credo che il senso vitale di questo libro sia proprio questo.
Maggiormente più apprezzabile se si tiene conto che questi giovani autori sanniti pubblicano in un momento di crisi non solo economica, ma soprattutto culturale come quello che stiamo vivendo attualmente in Italia.
Raccontare è stato e sarà sempre un bisogno insostituibile dell’uomo. Fin dall’antichità, egli ha raccontato dapprima oralmente, poi, da Omero in poi,  fissando le sue storie con la scrittura. Raccontare è un po’ come vincere la morte, l’oblio. Non a caso anche nel linguaggio comune quando si supera un pericolo si dice: l’importante è che lo si può raccontare! Il racconto ci rende vincitori, ci rende immortali e ci apre al resto dell’umanità, di oggi e di domani.
Un’opera plurale, quella degli oschi loschi, condotta a più mani sapientemente dentro i meccanismi narratologici, con effetti che stimolano la curiosità, attivano la coscienza, muovono le emozioni.

lunedì 21 maggio 2012

Oschi Loschi ad Avellino

Oschi Loschi giunge ad AVELLINO, venerdì 1 giugno [ore 19:30], ospitato da Oltrefrontiera (via Terminio 28).
All'incontro parteciperanno il giornalista e scrittore Generoso Picone (Il Mattino), il Presidio del Libro di Avellino e l'Associazione Culturale Iride (che curerà le letture).
Partecipate anche voi!


mercoledì 9 maggio 2012

Oschi Loschi al Festival del Libro e dell'Informazione Locale di Benevento


Gentilmente ospitato dallo stand di B Magazine, Oschi Loschi sarà presente al Festival del Libro e dell'Informazione Locale di Benevento (giunto alla III edizione) che si terrà dal 18 al 20 maggio presso il Chiostro di San Francesco alla Dogana.
Organizzata dall'Ente Provinciale per il Turismo di Benevento, in collaborazione con l'Assessorato al Turismo e alla Cultura della Provincia di Benevento, la manifestazione ha l'obiettivo di valorizzare le risorse locali impegnate nel mondo dell’informazione e in quello della produzione di materiali editoriali.
Buon lavoro a tutti.

venerdì 20 aprile 2012

Oschi Loschi alla Biblioteca del Sannio

Continua il tour di presentazioni di Oschi Loschi.

Sabato 28 aprile, alle ore 18:00, la nostra raccolta di racconti oschi preferita sarà ospitata dalla Biblioteca Del Sannio, presso il Palazzo del Genio, a Cerreto Sannita (BN).

Oltre alla presenza di molti degli autori, il programma prevede i saluti di ANTONIO DI LEONE, la moderazione di ANGELA MARIA PELOSI, dirigente scolastica dell'IC Mazzarella di Cerreto Sannita, e le letture scelte ad opera di MARCO DI MEOLA e ILARIA MELILLO.

Partecipate numerosi.


mercoledì 4 aprile 2012

Oschi Loschi al CABALA (Nola)


Venerdì 13 aprile, alle ore 20:00, presso il CABALA BOOK & BEER, la prima birreria letteraria italiana, via Fonseca 47, NOLA (NA), si terrà la presentazione di Oschi Loschi.

La serata sarà moderata da Nunzia Scala, alle letture dei brani tratte dal libercolo si esibirà Ursula Iannone su accompagnamento live-on-stage di Luigi Furno.

La serata sarà completata dal gruppo musicale “I Soliti Accordi”.

L’ingresso è 5 € (consumazione e buffet no-stop, cioè bevete una birra e mangiate a piacimento).

Non mancate!

lunedì 16 gennaio 2012

Oschi Loschi a San Giorgio Del Sannio


“Oschi Loschi” torna a San Giorgio del Sannio a distanza di un anno dall’uscita del primo volume: la seconda edizione dell'antologia sannita sarà presentata giovedì 26 gennaio presso il pub “Affuoco” di Viale Spinelli a San Giorgio del Sannio (BN) a partire dalle 19.30.

L’iniziativa rientra nella programmazione annuale dell’associazione culturale “La Fabbrica della Creatività” che si conferma la realtà culturale più dinamica del territorio.



Gli scrittori (l)oschi incontreranno amici e lettori nella suggestiva cornice del pub “Affuoco”, per la lettura di un estratto di ciascun racconto, attraverso la voce narrante di Nicla Antonaccio. L’incontro sarà moderato dalla giornalista Maria Grazia Porceddu.

Non mancate!