La gloriosa terra osca (l’attuale Sannio e Irpinia, ma anche il Molise, parte della Lucania e dell’Abruzzo) non offre solo colline verdeggianti e aria buona, ma anche (tante) storie da raccontare. Le antologie Oschi Loschi raccolgono il meglio della narrativa “osca” contemporanea, senza condizionamenti di genere o stile, il tutto condito da una predisposizione al “losco” nel senso più ampio e allettante del termine.

martedì 20 dicembre 2011

Una scheggia di presentazione

Per chi se l'é persa (mannaggia a voi), per chi c'era ma (a causa della calca) è capitato troppo dietro, per chi c'era ma se la vuole rivedere lo stesso: un piccolo estratto dalla serata di presentazione di Oschi Loschi. Racconti solidi come castelli di carte svoltasi presso la Locanda di San Bartolomeo domenica 18 dicembre.
In cabina di leggìo, Martina Iorio declama un cut-up dei cinque racconti abbinati al seme delle Coppe, accompagnata dai tasti d'avorio di Massimo Varchione.
La testimonianza è giunta a noi grazie ad Alessandro Paolo Lombardo (riprese & montaggio). Buona visione.


venerdì 16 dicembre 2011

Il gran giorno

Il gran giorno è arrivato (o quasi). Non lasciatevi sfuggire la seratona di presentazione, dopodomani domenica 18 dicembre, alle ore 18:00, presso la Locanda di San Bartolomeo (via Alfonso de Blasio n.3 - angolo Basilica di San Bartolomeo, al Corso Garibaldi - Benevento).
Vi aspettano sorprese, ricchi premi e cotillon. Sulla locandina qui sotto trovate altre informazioni utili (tipo la cibaria). Non mancate!



giovedì 15 dicembre 2011

mercoledì 14 dicembre 2011

Spia la scrivania [parte 6]

"La mia scrivania non si vede perchè non ne possiedo una... Ho degli strumenti per scrivere che cerco di appoggiare su superfici più o meno piane..." ci fa sapere Stella Iasiello mandandoci la sua foto.


Questa, invece, è la scrivania di Alessandro Paolo Lombardo, compresa di colosso molla l'osso e velato messaggio promozionale...


martedì 13 dicembre 2011

lunedì 12 dicembre 2011

Tutto quello che avreste voluto sapere su Aurora Lobina potevate chiederglielo


di Marcello Serino

Tempo fa Flavio Ignelzi mi chiese di fare una breve intervista ad Aurora Lobina, curatrice del progetto grafico della raccolta di racconti Oschi Loschi, racconti solidi come castelli di carte. Benché conosca Aurora abbastanza bene, mi ci sono voluti esattamente 34 giorni per dare forma e sostanza alla sua figura. Una sera di fine novembre mi sono dato malato e ho deciso di affrontare la questione. Una serata con Lobina. Nulla di più, nulla di meno. Questo è l’incontro.


Chi è Aurora Lobina?

Parto da una premessa: sa più cose Aurora di me di quante effettivamente ne sappia io di lei. Tempo fa mi ha predetto il futuro ricorrendo a dei tarocchi, tempo dopo mi ha confessato che mentiva, mi aveva raccontato solo il mio passato spacciandolo per futuro. Ho tirato un sospiro di sollievo e mi sono spiegato il motivo di tutti quei deja-vù. Adesso so che è molto brava a bluffare, quasi quanto io a crederle. Mai contraddirla. Spaccia il suo buon umore come scusa per andare via nei momenti migliori, dice che non vuole perdersi il meglio. Porta una frangia solo in particolari periodi dell’anno, ma sono sempre diversi.

Per farsi un’idea della sua vita bisogna osservare da vicino la sua postazione lavorativa, il suo studio. Io l’ho fatto. Ho costeggiato la sua bici gialla col carillon, superato le aspettative emozionali, seduto con deferenza su una delle sedie antiche e di colore e ho aspettato. Mi sono guardato intorno, tutto è al suo posto ma è superfluo dirlo, i libri sono tutti sugli scaffali in ordine fisico ma senza voglia, senza sbavature, cd e altro sembrano avere una loro ragione anche se fuori posto. L’unica cosa importante nella stanza è lo specchio che riflette il suo volto. È un continuo guardarsi, rimirarsi. Si procede così fino a quando Aurora si gira verso di me e dice:

Kebab?

Cena con intervista! Il tragitto dallo studio al luogo deputato al consumo veloce e fugace è breve, giusto il tempo di aggiustare una lieve increspatura della giacca e si è giunti. Peccato, avrei potuto chiederle camminando dove si sarebbe vista da qui a 2 anni, una domanda seria e pertinente, ho perso il momento.

Salsa piccante? Patatine? Pomodori? Carote?

Un chinotto?


Diceva un vecchio musicista siciliano che per avere delle risposte sincere bisogna partire dalle domande. Aurora risponde alla composizione del panino con sincerità e voglia. Sta componendo la sua intervista, e presto la finirà anche. Assisto con partecipazione. Comincio ad avere dei dubbi, ma perché Flavio (Ignelzi) ha chiesto proprio a me di fare quest’intervista?

Comincia a farsi tardi, Lobina preme per andare, domani c’è tanto lavoro che l’aspetta e non è per niente ben disposta a rispondere alle mie domande come mi aveva fatto credere in principio. Ho a disposizione 90 passi prima che mi saluti, devo fare in fretta. Attacco:

io: tempo fa lessi una tua simpatica intervista dove davi le risposte non conoscendo affatto le domande, come dare una risposta verde a una domanda blu. Possiamo evitare di farlo anche noi?

lei: se avessi più tempo a disposizione spegnerei l’orologio e impararei a contare all’indietro. Potresti dirmi l’ora?

io: sono le 22 e 34.

lei: devo andare, la mia casa potrebbe non esserci più al mio ritorno.

io: sei contenta delle mie domande?

lei: tra tutti gli oschi loschi perché Flavio non mi ha mandato Ernesto (Razzano) o Anna Lisa (De Mercurio)? La vita a volte sembra strana apposta…

io: sono l’unico che risponde ancora al telefono.

lei: un’ultima cosa. Non potrò di sicuro dire che è stato anche per me lo stesso.

io: cosa?

lei: bello.


Mi sorride, mi dà un bacio e si incammina verso casa. Questa sera sono stato lo specchio della sua maschera, se volete sapere qualcosa di lei non esitate a chiederglielo. Probabilmente non vi risponderà. Se siete fortunati però preparatevi al futuro. Lei puzza di futuro.

Pescata dal mazzo: Anna Lisa De Mercurio


lunedì 5 dicembre 2011

Solidi come castelli di carte: il booktrailer

Anni 70, Marcello Serino, castelli di carte, la Morte (?), Nada e Nicola Arigliano, fotografia by Alessandro Caporaso, regia/ideazione by Alessandro Paolo Lombardo & Luigi Furno. Cosa si può desiderare di più?  Godetevi il booktrailer di "Oschi Loschi. Racconti solidi come castelli di carte".
Come contenuti speciali, vi offriamo anche la splendida galleria fotografica del backstage, realizzata da Alessandro Caporaso, ospitata per l'occasione dal sito di bMagazine.
http://www.bmagazine.info/it/notizie/cultura/1197-oschi-loschi-dietro-le-quinte
Vi aspettiamo il 18 dicembre [ore 18:00] alla Locanda di San Bartolomeo [Benevento], per la prima uscita ufficiale del libro. Non mancate!

sabato 3 dicembre 2011

giovedì 1 dicembre 2011

Spia la scrivania [parte 5]

Seguendo la sua solita correttezza filologica, Donato Zoppo ci manda la foto della scrivania che ha visto nascere il suo racconto "Il circolo delle quinte". Che poi è quella di un treno, per la precisione di un Frecciarossa partito da Napoli.



Per la foto della sua scrivania, invece, Luigi Furno ci tiene a precisare che: "a differenza del Vergineo, che mette in bella mostra il suo mac e dice che è tutto casuale, io ho arredato apposta la mia scrivania in questo modo per darmi un tono da scrittore maledetto".

 

martedì 29 novembre 2011

Presentazione al pubblico

A distanza di un anno dall’uscita del primo volume, tornano gli “Oschi Loschi”, con venti nuove opere raccolte nell’omonima pubblicazione del 2011.
Oschi Loschi. Racconti solidi come castelli di carte” nasce nella terra osca, officina narrante a cielo aperto, testimone accondiscendente di storie inquiete, mosaico incandescente di personaggi. Un castello di carte in bilico sul vissuto, ogni carta un racconto, ogni racconto contraddistinto da un seme delle carte napoletane: l’ebbro destino e le sue ombre inquiete (le coppe), colpi al cuore per placare la sete di vendetta (le spade), valori che non si custodiscono in cassaforte (i denari) e castighi divini per chi non se li cerca (i bastoni). Venti autori (cinque dei quali già presenti nella prima antologia del 2010) che raccontano, con stili diversi e traiettorie inusuali, passioni e incubi, incontri e scontri, viaggi e ritorni. Un’antologia ironica, dolorosa, poetica, terrorizzante, commovente che oltrepassa i meri confini territoriali per combattere con armi affilate nell’arena scalpitante della narrativa italiana contemporanea. 


I venti scrittori incontreranno amici e lettori nella suggestiva cornice della Locanda di San Bartolomeo [Via Alfonso de Blasio 3 (angolo Basilica di San Bartolomeo, al Corso Garibaldi), BENEVENTO], per la lettura di un estratto di ciascun racconto, attraverso la voce narrante di Martina Iorio.
La Locanda proporrà 4 piatti elaborati per l’occasione, in tema col concept del libro: i semi delle carte napoletane.
Modereranno l’incontro: Melania Petriello e Mario La Monaca – giornalisti.

I nomi dei venti autori: Filippo Ciasullo, Paola Corona, Federica D'Avanzo, Anna Lisa De Mercurio, Giuseppe Di Gioia, Umberto Di Lorenzo, Emilio Fabozzi, Luigi Furno, Stella Iasiello, Flavio Ignelzi, Alessandro Paolo Lombardo, Maria Elena Napodano, Isabella Pedicini, Annamaria Porrino, Ernesto Razzano, Marcello Serino, Massimo Varchione, Giovanni Vergineo, Daniele Viola, Donato Zoppo.
“Oschi Loschi”, per l’edizione 2011, si avvale della preziosa collaborazione di Aurora Lobina (www.aurorise.com) che ne ha curato il progetto grafico.

Liscio e busso (la musica consigliata): Massimo Varchione

Per "2958 km (Estate 2004)" l'autore consiglia:

_Leonard Bernstein e l’Orchestra Nazionale Francese::“Concerto per pianoforte e orchestra in Sol maggiore di Maurice Ravel”



domenica 27 novembre 2011

Spia la scrivania [parte 4]

Ecco la scrivania di Giovanni Vergineo in un tranquillo weekend di paura. L'autore ci tiene a precisare che: "nulla è stato posizionato appositamente per la foto. Tutto quello che vedete è normalmente sulla mia scrivania."



Con estrema puntualità, riceviamo anche la foto di Anna Lisa De Mercurio. Il disegnino sofisticatissimo è opera sua. Titolo dello scatto: "FOTOSINTESI IN ASSENZA DI CLOROFILLA".


venerdì 25 novembre 2011

martedì 22 novembre 2011

Spia la scrivania [parte 3]


Continuiamo a spiare le scrivanie degli autori di Oschi Loschi, quel luogo misterioso e inaccessibile ai più che genera frustrazioni, capolavori e turbamenti in egual misura.

Marcello Serino ci manda la foto della sua "postazione di scrittura" informandoci che: "avere una buona scrivania a volte aiuta, ma non averla è una gran scusa."



Isabella Pedicini fa altrettanto, permettondoci di frugare tra le sue cose (che sono tante, milioni di milioni, e quindi impiegherete tanto tempo a farvi i fatti suoi).


lunedì 21 novembre 2011

Spia la scrivania [parte 2]

Sbirciamo ancora la scrivania degli autori, il luogo dove si è soli davanti allo schermo di un computer (o davanti alla gloriosa macchina da scrivere) in cerca di ispirazione e parole. 
La foto sotto, ad esempio, è un'istantanea della scrivania di Emilio Fabozzi, luogo nel quale, tra documenti e post-it, è stato scritto "L'ultima milonga" per Oschi Loschi (e chissà quanti altri racconti e articoli). Significativo il titolo della foto: le mie prigioni.


Ernesto Razzano, invece, preferisce farsi prestare parole, musica e immagini da I Pennelli Di Vermeer per ricreare luoghi e atmosfera della "sua scrivania".



Pescata dal mazzo: Maria Elena Napodano


sabato 19 novembre 2011

Spia la scrivania

Dove si concepisce un capolavoro assoluto della narrativa internazionale? Qual è il luogo deputato (senza offesa) alla creazione delle opere più importanti dell'intero condominio? In quale punto ispirazione e disordine (interiore ed esteriore) si scontrano facendo scattare la scintilla dell'arte (e girare le palle alla donna delle pulizie, che deve rassettare)?
Lo abbiamo chiesto agli autori di Oschi Loschi, che (incuranti delle critiche di architetti e arredatori Ikea) ci hanno mostrato i loro antri oscuri e misteriosi.
In questa prima uscita potete godere dell'angolo malfamato & caotico di Flavio Ignelzi,



e di quello più compito ed elegante di Maria Elena Napodano. Il gatto (Monet) è lo stesso (originale, garantito, certificato) che compare sulla copertina come logo di Never Mind.

venerdì 18 novembre 2011

sabato 12 novembre 2011

Liscio e busso (la musica consigliata): Anna Lisa De Mercurio

Per "Camera Oscura" l'autrice consiglia:

_Marco Bardoscia::“The Dreamer”/Paul Weller::“You Do Something To Me”



domenica 6 novembre 2011

Sta accadendo qualcosa...

In pieno centro, all'ombra della Rocca dei Rettori, un mazzo di carte sparso in un'aiuola, mentre rintocchi di campane riecheggiano in lontananza. Inquietanti avvisaglie di un'imminete invasione. Una sfida lanciata al dio dei bar. Un oscuro presagio degno di Giacobbo.
Grazie a Massimo per la segnalazione e a Maria Elena per il coraggio e per aver mantenuto il sangue freddo durante le pericolose riprese.


martedì 1 novembre 2011

venerdì 28 ottobre 2011

L'ispirazione è una sfoglia di cipolla (finale)

Avevano tentato di sparire, di far perdere le loro tracce, di dileguarsi nel nulla, pur di non rispondere alle nostre domande. Ma siamo riusciti a scovarli lo stesso, in uno dei peggiori bar di Caracas, naturalmente. Dopo una serie di interessanti considerazioni ("gli ultimi saranno i primi", "viva l'Italia!", "barista, un altro giro di rum") e nonostante l'elevato tasso alcolico, siamo riusciti (seppur a fatica) a ottenere la fatidica confessione: come è nato il racconto pubblicato nell'imminente seconda edizione di Oschi Loschi? Qual é la sua avventurosa genesi?

Emilio Fabozzi: «Era stata una giornata faticosa. Non avevo più il fisico, mi dicevo mentre abbattuto sul divano come una quaglia ferita, mi gustavo un articolo di Sebastiano Messina su un improbabile traffico di prostitute che il premier Silvio Berlusconi, si diceva, aveva organizzato a palazzo Grazioli. “Certo che questi comunisti, pur di buttarlo giù, ne inventano di cazzate…”. Stavo appunto riflettendo su quella storia quando mia nonna chiusa in cucina in scrupoloso ritiro, mentre preparava una frittata di pasta, continuava a lamentarsi sonoramente perché non riusciva a vedere la puntata del tenente Colombo. Ci avevano appena costretti a passare al digitale terrestre e spesso il segnale non arrivava. Di certo non arrivava nella mia cucina all’ora del tenente Colombo. Nonna ce l’aveva a morte con Silvio Berlusconi. Era comunista come Messina. O perlomeno lo era all’ora del tenente Colombo quando la tv non si vedeva. Note di tango argentino provenivano dall’appartamento a fianco. Margherita, argentina sessantenne mia vicina, aveva ripreso a ballare col marito, almeno credo. Di certo aveva ripreso a ballare. In quel mix di note di tango, di lamentele, di escort, di tenente Colombo e agitazione è nata l’idea di un racconto. L’ho scritto quella stessa notte. Solo della frittata di pasta non c’è traccia. D’altra parte neanche nella realtà era vissuta a lungo.»

Massimo Varchione: «Seguo l'istinto e allego una foto. La genesi scritta mi annoiava.»




mercoledì 26 ottobre 2011

domenica 23 ottobre 2011

L'ispirazione è una sfoglia di cipolla (secondo tempo)


Altro giro, altra corsa; altro gruppo di autori che rispondono alla fatidica domanda: come nasce il racconto per Oschi Loschi? Quali fantasmagorici retroscena ci sono dietro a quel pugno di pagine in grado di avvincere così tanto il lettore medio italiano? Quali ripercussioni avrà tutto questo sul panorama socio-finanziario nazionale ed internazionale? Cediamo loro la parola:

Filippo Ciasullo: «Il mio racconto è un omaggio alle piccole cose. L'ispirazione nasce dal fatto che la biblioteca di Benevento, all'ora di pranzo chiude, perché chi ci lavora addà magnà. In attesa della riapertura pomeridiana me ne sono andato in villa, dove ho fotografato un albero ed è arrossito, che ci crediate o no.»

Daniele Viola: «Non so, non ne sono sicuro. Avere un'ispirazione, cercare nei propri pensieri, frugare l'anima, quando c'è. Ammorbidire il peso della cose reali attraverso la fantasia. Tutto questo mi annoia. Come lo humour. E sono presuntuoso. Per questo il mio racconto è presuntuoso, perché non inventa nulla, ma solo riporta, tra una suggestione joyciana e un mormorio alla Cassiel in quel di Berlino (sono ancora triste per la morte di Cassiel), una scena vista e rivista, uomini e donne, col velo negli occhi, l'opacità dell'esistenza esteriore. Le vite degli altri, per citare un bellissimo film. Non c'è ispirazione nella realtà, si può solo riportare. Il sogno, la trama, la curiosità, la speranza, l'entusiasmo non sono dei personaggi del mio racconto, nostalgici osservatori di qualcosa di perduto. Il racconto è un estratto di un progetto più ampio, che è riuscito a vedere il termine nella mia mente. Le dita sono fredde per rimettere tutto al foglio bianco di un editor di testo, e tutto accadrà solo un po' più in là. Le seimila battute sono disseminate di citazioni e riferimenti. Se qualcuno dovesse leggerlo con attenzione (bene non necessario) mi piacerebbe una sorta di caccia al tesoro. Spero che un giorno, imparando a leggere, imparerò anche a scrivere. Che Dio non salvi la Regina, ma almeno gli Oschi Loschi.»

Luigi Furno: «In fondo quello che semplicemente volevo fare era un noir. Una storia di ombre. Francio Bacon diceva che pensare noir è mettersi in un sacco di plastica e gettarsi nella fogna quando si è morti. L’autore di una storia è un burattinaio. Nel rinascimento si pensava a Dio nei termini del grande orologiaio o del sommo architetto. E Dio manifesta il suo glorioso potere su tutto decretandone la morte. Una storia di morti è quindi una storia archetipica. Ma non si conoscono le radici di questa archeologia narrativa. In fondo non abbiamo mai visto i granchi che escono dal mare attraverso i gabinetti e si arrampicano sulle tavole delle gelaterie, non abbiamo mai visto i diamanti incastonati nei denti delle nonne negre che vendono teste di indios sedute sulle loro natiche incolumi sotto la zuppa della pioggia, non abbiamo mai visto le vacche d'oro addormentate sulla spiaggia né tanto meno gli indù verdi che cagano in piena strada davanti ai loro negozi di camicie di veri bachi da seta. Della stranezza appena conosciamo la bava schiumosa del vomito di un quindicenne collassato alla terza birra. Non so, quindi, se è una storia veramente noir in quanto non si parla di morte ma solo di morte apparente.»

Umberto Di Lorenzo: «Tornando da Padova in compagnia delle Ferrovie dello Stato, in uno scompartimento occupato da Salvatore che di secondo lavoro sostiene di fare il camorrista e da un'anziana signora che gli parla dei suoi ottimi rapporti con Carmen Russo, no con la madre di Carmen Russo, no con la sorella della madre quindi la zia di Carmen Russo, vada, vada in palestra da Carmen Russo e glielo dica, che le fa lo sconto (ci andrò pure io, così farà lo sconto anche a me). Cercando nella musica e nelle parole l'isolamento necessario. A sopravvivere.»

Flavio Ignelzi: «È facile dirlo col senno di poi. A cose fatte. Contemplando il lavoro ultimato. È un raccontino piccolo-piccolo, che possiede un evidente tono hard-boiled, e che ho tirato giù in tempi brevi, in una mezza giornata (e con minimi ritocchi successivi), perché nella mia mente era già tutto pensato e organizzato, probabilmente ruminato per un po’. Non so spiegarvelo. La mia mente rumina senza farsene accorgere. Non vi romperò le palle con livelli di lettura secondari e complicate metafore. Non ve ne sono. Non volontariamente, quantomeno. Volevo solo un protagonista strafottente, rock celtico, briglie sciolte e un bel twist. Questo col senno di prima. Ché son bravi tutti, con quello di poi.»

Ernesto Razzano: «Con Nicola che tifa per l’Inter sono stato a vedere Totò Peppino e la malafemmina, al cinema, schermo grande, non so se mi spiego, Totò al cinema per me è quasi il massimo. All’uscita del cinema veniamo a sapere che Bolì ha segnato e il Marsiglia ha battuto il Milan in finale di Coppa Campioni. Nicola sorride. Arriviamo a casa. Giuliano ha il gesso alla gamba e una cinquecento decappottabile giù al portone. C’è anche Federica con Giuliano. Giovanni è con la testa sotto il lavandino ad aggiustare il tubo. Le finestre sono aperte, è fine maggio. Firenze è quasi pronta per dormire e darsi ai turisti il giorno dopo. Un rumore più secco di un tuono e più profondo di un terremoto ci prende d’improvviso nelle stanze della casa di Via Vico. Dalla finestra vediamo la città al buio, in un silenzio placido. Due minuti dopo eravamo nella cinquecento, guidava Giovanni, la stampella di Giuliano usciva dal tetto, tra le nostre teste, ancora due minuti e senza nessuna barriera ci trovammo a Via dei Neri dietro Palazzo Vecchio, c’erano vetri rotti dove lasciammo la macchina e ombre di fiamme nel vicolo accanto alla Loggia dei Lanzi. Giovanni si lanciò verso Via De’ Georgofili, io lo seguii, non c’era nessuna barriera, arrivammo quasi prima dei soccorsi. Vetri che pensolavano e fumo e fiamme che si affacciavano dalle finestre. Nei volti di tanta gente c’era la ricerca della causa di una notte inspiegabile. Una fuga di gas, forse. Invece no, una bomba e dei morti. I potenti e i criminali costruiscono gli stati ancora così, con le bombe e con i morti. E la gente, come in una roulette russa, può rimanerci morta. Le storie del racconto, per le facce che vidi, sono verosimili, e forse alcune fecero proprio quelle cose, quel giorno.»

sabato 22 ottobre 2011

giovedì 20 ottobre 2011

martedì 18 ottobre 2011

Liscio e busso (la musica consigliata): Filippo Ciasullo

Per "Ma quale falce ma quale martello, paletta secchiello il simbolo più bello" l'autore consiglia:

_Zucchero::“Blu”

domenica 16 ottobre 2011

Raccolte indifferenziate italiane


La domanda è cruciale: in quale pasticcio si è andato a cacciare Oschi Loschi? Ovvero, quanto è vasto il panorama delle antologie di racconti in Italia? Sembrerebbe molto, moltissimo, pure troppo, a giudicare da quello che espone il mercato. La raccolta di racconti (di autori vari, of course, è quello di cui tratteremo) è uno strumento utilizzato da sempre come vetrina per i “giovani scrittori”, allo scopo di scoprire e far scoprire nomi nuovi talentuosi e in grado di produrre narrativa di qualità, ma ancora sconosciuti al grande pubblico. Restringendo il campo al Belpaese (non è nostra intenzione scrivere un saggio accademico, quindi il lavoro di riviste come New Yorker o il Best American Mystery Stories, per citare a caso, ve li andate a scoprire da soli), proviamo a tracciare un excursus attraverso un gruppo di titoli che varrebbe la pena leggere, per gustarsi l’arte della narrativa breve tricolore in tutto il suo folgorante dinamismo. Sono ben accetti consigli, aggiunte e correzioni (e magari pure una cosa di soldi).
L’antenato moderno (che bell’ossimoro) è indiscutibilmente Under 25 del compianto Pier Vittorio Tondelli (rip), che in collaborazione con Massimo Canalini e Transeuropa, pubblica tra il 1986 e il 1990 tre volumi di esordienti con una fascia d’età ben precisa (indovinate quale?). Perché a quel tempo, è bene ricordarlo, si era gggiovani e prestanti fino ai 25 anni.
Il salto temporale è importante e conduce dritti alla celeberrima Gioventù cannibale (Einaudi Stile Libero, 1996), curata da Daniele Brolli, vero punto d’inizio di tutto: l’antologia che getta lo scompiglio nel mondo della letteratura colta (sul fatto), che abusa (impropriamente) del termine “pulp”, che non fa sconti a nessuno e che permette ad Ammaniti e Nove di farsi un nome. Perché Pinketts ce l’aveva già (nel suo piccolo), Luttazzi ereditava quello di Lelio (il solito copione) e gli altri non ce l’avranno mai (se li ricorderanno solo parenti e addetti ai lavori).

Questo è il momento in cui iniziano a fiorire iniziative simili. La sfortunata Addictions Editoriale (della quale si sono perse le tracce, purtroppo) ne sforna parecchie, di raccolte. Meritano di essere segnalate Spettri metropolitani (Addictions-I Neri, 1999), curata da Andrea G. Colombo, che sonda con assoluta eccellenza il mondo dell’horror (notevoli i contributi di Arden, Massaron, Fiocco e Simi); e poi Città violenta (Addictions-I Neri, 2000), curata da Andrea C. Cappi, che invece esplora con cura e spietatezza le trame conturbanti del noir metropolitano.
Una raccolta con uno spirito simile a quello di Oschi Loschi era, invece, Sconfinare. Il nord-est che non c'è (Fernandel, 1999), curata da Chiara Pavan, in cui undici scrittori dell’ultima generazione (dell’epoca, ora sono allegri nonnetti) si confrontavano sul concetto di appartenenza al proprio territorio (Giulio Mozzi e Tiziano Scarpa, tra i partecipanti).
In tempi più recenti un contribuito notevole lo ha apportato Minimum Fax, casa editrice romana mai lodata abbastanza, che concretizza La qualità dell’aria (Minimum Fax, 2004), by Nicola Lagioia e Christian Raimo, nella quale già si discute di “under 40” (a dimostrazione che le età della giovinezza sono irrimediabilmente cambiate), con venti scrittori che raccontano “il proprio tempo sulla propria pelle” attraverso una manciata di racconti impietosi e corrosivi (tra i nomi, Valeria Parrella e Mauro Covacich). Sugli stessi livelli qualitativi si posiziona pure Voi siete qui (Minimum Fax, 2007), curata da Mario Desiati, con altri sedici scoppiettanti esordi.
Suicidi falliti per motivi ridicoli (Coniglio Editore, 2006), curata da Gianluca Morozzi e Gianmichele Lisai, ha invece come tema portante il suicidio (anzi, il tentato suicidio) per una collezione di gioiellini da non perdere, grotteschi e moderni (come il volume lascia intendere fin dall’impaginazione).
Anime nere (Mondadori, 2007), curata dall'esperto Alan D. Altieri, è un’antologia thriller/noir dal sapore più mainstream, ed è una di quelle più valide tra le tante simili (nomi come Evangelisti, Nerozzi, Dazieri, Arona, Macchiavelli hanno garantito il risultato). E riscuote anche un buon successo di pubblico, tanto da poter vantare (si fa per dire) un sequel (Anime nere reloaded).
Con Tempo scaduto (Eumeswil Edizioni, 2007), curata dalla “nostra” Stella Iasiello, e con Viva Las Vegas (Las Vegas Edizioni, 2008), curata da Andrea Malabaila, si ritorna in ambito underground (quanto è bella questa parolina?) per due raccolte che narrano storie di oggi bizzarre, coraggiose e cadenzate, per nostra fortuna prive di schemi e infrastrutture troppo ortodosse.
Per la rubrica “un occhio alla penna e uno al territorio”, segnaliamo altresì le due raccolte 9 racconti più 2 (Il Bene Comune, 2009) e la gemella 18 racconti più 2. Narratori di oggi (Il Bene Comune, 2010), entrambe curate da Gianni Spallone, che indagano Campobasso “on writing” (la prima) con l'aggiunta delle vicine Isernia, Benevento e Caserta (la seconda), potendo contare pure su di un paio di loschi nomi, a tutti noi ben noti.
Chiudiamo con qualcosa di più commerciale (sappiamo tutti che anche l’intrattenimento può essere di qualità, se realizzato in un certo modo). Seven. 21 storie di peccato e paura (Piemme, 2010), curata da Gian Franco Orsi, è ispirata evidentemente ai sette vizi capitali (tre shot per vizio), e annovera le ottime prove di Elisabetta Bucciarelli, Diana Lama, Ugo Barbàra e Leonardo Gori.

Wow, che corsa! Per fortuna abbiamo deliberatamente evitato di parlare delle raccolte di racconti collegate a concorsi letterari e premi di vario tipo: ce ne sono a decine, ma che dico decine, migliaia. Anzi, quasi milioni. E sono quasi tutte dedicate alla narrativa strettamente di genere (fantascienza, horror, noir, eros...). La maggior parte di esse si rivela trascurabile se non addirittura risibile, anche se qualche eccezione c’è sempre (ci viene in mente Lama e Trama, non a caso pubblicato da Perdisa Pop, oppure i premi Lovecraft e Alien). Ma questo è un altro mondo, ancor più oscuro e ostile, che per ora non ci va di esplorare. L’unica cosa che ci va, adesso, è una pinta di quella buona.

mercoledì 12 ottobre 2011

lunedì 10 ottobre 2011

Liscio e busso (la musica consigliata): Federica D'Avanzo

Per "Da consumarsi preferibilmente entro l'attimo appena trascorso" l'autrice consiglia:

_Eva Mon Amour::“Per Un Po’ Di Niente”


domenica 9 ottobre 2011

Liscio e busso (la musica consigliata): Luigi Furno

Per "Si è ammazzato uno" (racconto suonato sul giradischi del silenzio), l'autore consiglia: _Scott Walker::“Farmer In The City”/_The Books::“Take Time”.

 
 
 

giovedì 6 ottobre 2011

L'ispirazione è una sfoglia di cipolla.

Come nasce una storia? Anzi, come è nata la storia (nel senso di racconto) di Oschi Loschi? Lo abbiamo chiesto all'improvviso, e pure a tradimento, ad alcuni degli autori della seconda (attesissima) edizione dell'antologia sannita. I quali, prontamente e senza batter ciglio, hanno risposto in coro: "oschi cooosa?".

Donato Zoppo: «Sul treno per Bologna, nei dintorni di Castiglion Fiorentino, alle 14.30 del 12 febbraio 2011, con Iron & Wine nelle cuffie in attesa del loro concerto serale (unica data italiana), lo spettro di Dylan Zarrella si impadronisce di me. Quaderno da viaggio e penna alla mano, un quarto d’ora prima della fermata bolognese il racconto è finito.»

Stella Iasiello«Il racconto è stato ispirato da un caro amico scrittore piemontese: ogni riferimento a baci e assassinii, però, è puramente casuale, nessuno scrittore è stato importunato o ucciso durante la stesura di questo racconto.»

Alessandro Paolo Lombardo: «È tutto vero in questa storia. L’unico elemento inventato è lo specchio, che come tutti sappiamo non esiste. Non ero nemmeno sicuro sul nome da dare a questo oggetto fantastico, se specchio oppure riflettron.»

Isabella Pedicini: «In principio era il verbo. E, infatti, “Ore 15” nasce da uno spunto raccolto in una conversazione con una signora incontrata per caso in libreria. Ruminato lungamente, diventa un file word appositamente per questa antologia.»

Maria Elena Napodano: «Non sono io che vado a cercarmi le storie, sono loro che vengono da me. Come in questo caso, in cui non ho dovuto fare altro che addormentarmi (col prezioso contributo dello Spasmomen) e lasciare libero sfogo allo psicopatico che è in me. E che sogna di fare cose come queste.»

Federica D'Avanzo: «Dopo una digressione notturna da pendolare per scelta altrui, un losco poeta cupo e mesto mi propose di scrivere qualcosa in cambio di una vittoria a tressette. Scrissi un racconto ma persi comunque alle carte. Stranamente il racconto trasudava delusione e rabbia. Mai fidarsi dei loschi poeti, riescono a farti sentire migliore.»

Marcello Serino: «Il racconto nasce dall’esigenza di riabilitare la figura, spesso bistrattata, dei portieri di calcio. Sono loro che proteggono le nostre porte, le nostre speranze, sono loro che silenziosi incendiano i nostri sogni.»

Anna Lisa De Mercurio: «Try to shot from the hip (“Golden Rules of Lomography”).»

Giuseppe Di Gioia: «In periodi in cui gli eventi erano particolarmente avversi, gli antichi popoli Oschi istituivano un Ver Sacrum, manifestazione divinatoria in cui i primogeniti nati in primavera venivano resi sacri al dio Mamerte e costretti ad allontanarsi dalla propria gente e, guidati da un animale totem, a cercare altre terre da colonizzare. Oggi i loro discendenti rinnovano quel rituale. Alla ricerca di lavoro.»

Annamaria Porrino: «Virginia Woolf. Un punto fisso in un mare di punti roteanti, ispiratori della mia scrittura. Quando l’ho recensita, la sua stanza l’ho definita un utero, un bozzolo da cui uscire solo a formazione completata. Così ho pensato: se entro nella sua stanza mi concedo al suo grembo e da lì posso essere con lei quando scrive, dorme, silenzia, ma anche quando si avvia al fiume per annegarsi e salvarla. Non lei, ma la sua scrittura. Non chiedetemi come, ma avverto l’acqua. Le sue parole, ora, nelle mie. Vive, come lei.»

Paola Corona: «Le parole danzano sul foglio. C’è qualcuno che mi racconta storie, come con una bambina piccola prima di addormentarsi, che guida la mia penna, respira con la mia anima, si diverte a sbrindellare e a rattopparla con pezzi di realtà. Non mi addormento, come la bambina al racconto della buona notte. Io ascolto. Ascolto qualcuno che racconta storie

Giovanni Vergineo: «Questo racconto nasce da un viaggio in treno e da una poesia. Un giorno di pieno luglio stavo tornando dallo scavo archeologico di Fratte di Salerno. Era il primo scavo archeologico cui prendevo parte, ed era scomodissimo per me raggiungere quel posto: sveglia all'alba, ore di treno da Benevento, la mia città. L'ultimo giorno di scavo ero a pezzi e il ritorno fu terribile: causa interruzione della tratta ferroviaria, dovetti prendere un altro treno e cambiare un paio di volte. Tutto questo per percorrere meno di 70 km. Insomma, parto da Fratte alle 5, prendo un treno fino a Mercato S. Severino. Poi, pullman fino ad Avellino. Attesa di un' ora, poi treno fino a Benevento.
Lo scavo archeologico è un lavoro fisico: si deve materialmente lavorare la terra, scavare, spicconare, spalare, scarriolare. Inoltre, io dovevo sorbirmi un viaggio di ore tra andata e ritorno. La fatica forse mi aveva messo in una situazione recettiva, non so: ero sicuramente in una particolare disposizione dell'animo. Ero con la mia ragazza di allora: avevamo appena finito di litigare con il controllore che voleva farci la multa perché avevamo pagato il biglietto più del dovuto. Inoltre, per la fame avevo aperto con violenza un pacco di Ritz, spargendone una gran quantità in tutto lo scompartimento. Io, la mia ragazza, il controllore, il macchinista e i cracker salati eravamo gli unici abitanti di quel treno ridicolo, composto da una sola carrozza. A un tratto ci fermiamo nella stazione di un paesino: Tufo. Famoso per le miniere di zolfo. Interessante paradosso. Proprio di fronte alla stazione mi si para dinanzi l'ingresso della miniera abbandonata, con in cima il busto dello scopritore, Francesco di Marzo. Ne fui shockato. Ho sempre avuto attrazione per i luoghi abbandonati, per le wastelands e simili, ma non avevo mai visto niente di più bello di quella miniera. Era una catacomba del XX secolo, il simbolo della decadenza di un impero industriale. Anni dopo: spettacolo teatrale. Tema: la morte. Tutti a grattarsi i testicoli per buona parte del tempo. Poi, una ragazza recita questa poesia, che io ho poi posto come epigrafe:

Padre, mai potrai conoscere
l'angoscia che afflisse il mio cuore
per la mia disobbedienza, il momento che sentii
la ruota spietata della locomotiva
affondare nella carne urlante della mia gamba.
Quando mi portavano in casa della vedova Morris
sono riuscito a vedere la scuola nella valle
che marinavo per saltare di nascosto sui treni.
Ho pregato di vivere per almeno chiederti perdono -
e poi le tue lacrime, le tue rotte parole di conforto!
Dalla consolazione di quell'ora
ho guadagnato un'infinita felicità.
Fosti saggio a scrivere per me: sottratto al male futuro.
[Edgar Lee Masters, traduzione di Antonio Porta]
La vista della cava e la poesia si sono fuse nella mia mente creando un nocciolo duro, profondo, un desiderio inespresso di raccontare una storia. Che poi si è materializzata nel racconto, fusione fra la cava di zolfo di Tufo, Edgar L. Masters, l'archeologia, le ferrovie dello stato, i controllori bastardi, il teatro, i Ritz sparsi per il treno. E gli amori perduti dell'adolescenza.»

Ok, per adesso è tutto. E sì, Vergineo è logorroico.